Diprima Giuseppe
mio padre prigioniero
in Austria nella guerra 1915-1918.
Diprima Giuseppe di Stefano e di
Montalto Monella Calogera, nato a Sutera il 4 ottobre 1898.
Partecipò alla prima grande
guerra 1915-1918. Fu chiamato alle armi il 1 marzo 1917 (aveva 18 anni e 5mesi)
e finì il servizio militare il 1 luglio 1920 (aveva 20 anni e 9 mesi).
Combatté sulle Alpi da
mitragliere.
Fu fatto prigioniero e portato
nel campo di concentramento a presso Gratz
La vita nel campo di
concentramento fu tremenda sia per la dura disciplina sia per fame (era una
fortuna trovare una vecchia scarpa da masticare).
Mio padre mi raccontava che ogni
giorno i prigionieri erano schierati in un grande spiazzo. Un ufficiale
austriaco gridava dei nomi di prigionieri e questi dovevano fare un passo
avanti e l’ufficiale assegnava loro una
punizione. La più grave consisteva nell’essere legati fortemente ad uno dei pali di ferro situati
nello spiazzo. Bisognava stare con la testa alta e sotto il mento veniva posta
una baionetta. I più puniti in genere erano i russi.
Ricordo ancora due strofe della
canzone che i nostri prigionieri cantavano di nascosto e che mio padre spesso
cantava a Sutera e volle che l’imparassi:
Finalmente è finita la guerra
che l’Europa ha ben dissanguata.
Siam tornati all’italica terra,
terminato è il nostro soffrir.
Pace, pace tu hai schiuso la via
Per tornare al suolo d’Italia,
Tu ci hai tolto a quella
canaglia
Che tanto tempo ci ha fatto
languir.
Austriaci vil razza
dannata,
gente infame vile e senza cuore,
vendicaste l’Italia e il valore
col martirio dei suoi prigionieri.
Per otto giorni ci daste un sol
pane,
con un rangio da rifiutar i
cani,
siete stati con noi disumani
per voi l’odio sempre sarà.
Al lavoro ci avete portato
peggio ancora di schiavi
venduti,
a piedi scalzi, affamati,
abbattuti
senza aver compassione e pietà.
Innocenti ci avete puniti
con i ferri, col palo e
prigione,
di vigliacchi non che paragone
far soffrire così i prigionier.
Ed il palo martirio crudele,
con le mani di dietro legate,
sulla punta dei piedi sollevati,
per due ore durava il martir.
Abbiam visto, ne una sol volta,
trecento russi al palo
maledetto,
baionette puntate sul petto,
chi si muove ferito sarà.
Assassini di bassa galera
austriaci feroci e bestiali,
ci trattaste al par di animali,
maledetta sì razza brutal.
Cara
patria abbiam fatto ritorno,
bella
Italia, civil nazione,
e
dell’Austria la fame e il bastone
i
tuoi figli non soffrono più.
Un giorno mentre tutti i
prigionieri del campo erano schierati, venne chiamato: Giuseppe Diprima. Mio
padre, tremando fece un passo avanti. Un ufficiale austriaco lo rassicurò che
non si trattava di una punizione e lo condusse nell’ufficio del comandante del
campo dove era anche presente un alto ufficiale medico austriaco, il barone
Purgstall, proprietario di un castello a Feldbach (vedi in calce la foto) e
padre di una ragazza diciottenne la baronessa Olga. Il barone Purgstall aveva
ottenuto dalle superiori autorità di prelevare dal campo di concentramento un
prigioniero di buon carattere e di portarselo al castello per proteggere la
baronessina Olga.
Era la fine delle sofferenze. Nel
Castello di Feldbach fu presentato alla baronessa, gli fu assegnata una
stanzetta posta al primo piano e situata sopra quella della ragazza. La sera
stessa l’ufficiale medico partì e mio padre rimase con la ragazza che era in
grado di difendersi perché sapeva usare bene un fucile.
Dopo la cena mio padre salì nella
sua stanza. La ragazza chiuse la sua porta, vi mise dietro tutti i mobili che
potè spostare e si coricò mettendosi nel letto il fucile carico.[1]
Ma non riusciva a dormire perché
sentiva che mio padre camminava nella sua stanza. Poi lo sentì scendere per la
scala e bussare alla sua porta. Non volendo mostrare paura, la ragazza aprì di
poco la porta e gli chiese qualcosa. Mio padre attraverso la fessura della
porta le porse una catenina d’oro con una medaglia della Madonna[2]. La
ragazza capì che mio padre le chiedeva
di non avere paura e glie lo stava giurando sulla Madonna. Aprì la porta lo
fece entrare, chiese il suo aiuto per mettere i mobili al loro posto.
Cominciò così un rapporto di
grande fiducia che consentì anche a mio padre di portare qualcosa da mangiare
ai prigionieri suoi amici rimasti nel campo.
Qualche volta mio padre e la baronessa
andavano a caccia. Molti anni dopo, la
baronessa ormai vecchia, mi raccontò che una
volta lei, andata a caccia con mio padre, uccise un daino e mio padre se
lo caricò sulle spalle ed attraversò Feldbach cantando l’inno nazionale
italiano mentre lei lo pregava di smettere: “Giuseppe
non cantare il tuo inno nazionale, potrebbero arrestarti”. A ricordo di
quella battuta di caccia, la baronessa si fece costruire una spilla d’argento
con incastonato un dente del daino. La spilla mi è stata, poi, regalata dalla baronessa ed è fotografata più
sotto.
Da Feldbach mio padre ha potuto
mandare, tramite la Croce Rossa, della posta alla sua famiglia in Sicilia. La
posta in arrivo dall’Austria veniva revisionata a Palermo da un gruppo di
militari tra cui era il fratello maggiore, Onofrio, di mio padre che aggiungeva
anche la sua firma e faceva proseguire la lettera per Sutera.
Mio padre tornò dall’Austria in
Italia e nel marzo 1920 ha ricevuto una lettera della baronessa Olga che riporto di seguito.
1920 Lettera della baronessa Olga a Giuseppe Diprima pag. 1 |
1920 Lettera della baronessa Olga a Giuseppe Diprima pag. 2 |
Spilla in argento con i denti del daino ucciso dalla baronessa Olga |
Castello di Beldbach
Da sinistra: Mia moglie Lillina Randazzo e la baronessa Olga Pulgstall a Feldbach nel 1969 |
Da sinistra: Mia moglie Lillina Randazzo, la baronessa Olga Pulgstall, Stefano Diprima ed Hasi Salmieri a Feldbach nel 1969 |
Da sinistra: Stefano Diprima e la baronessa Olga Pulgstall a Feldbach nel 1969 |
Da sinistra: Mia moglie Lillina Randazzo, la baronessa Olga Pulgstall ed Hasi Salmieri a Feldbach nel 1969 |
Da sinistra: Mia moglie Lillina Randazzo l'ing. Pasquale Salmieri, la baronessa Olga Pulgstall, Stefano Diprima ed Hasi Salmieri a Feldbach nel 1969 |
La baronessa Olga Pulgstall a Feldbach nel 1969 |
Da sinistra: Stefano Diprima, mia moglie Lillina Randazzo e la baronessa Olga Pulgstall a Feldbach nel 1969 |
Gentile Sig. Diprima, mi sono imbattuta nel suo blog perché ero alla ricerca di una canzone che il mio bisnonno classe 1885 cantava di ritorno dalla prigionia in Austria. Il testo è proprio quello che lei ha riportato sul suo blog. Vorrei chiederle delle cose inerenti il canto. Mi dica come posso contattarla. La ringrazio.
RispondiEliminagentile sig. de masi leggo adesso il suo commento; sono la figlia e mi dispiace comunicarle che papà non c'è più gia da un anno e 4 mesi ed io non sono in grado di aiutarla nella sua ricerca
RispondiEliminaMi dispiace tantissimo. Mi sarebbe piaciuto imbattermi prima in questo blog per poter scambiare qualche messaggio con suo padre. Quest'anno nel mio paese, che si chiama Reino in provincia di Benevento, si svolgeranno le commemorazioni per il centenario della fine della prima guerra mondiale. Mia sorella ed io stiamo portando avanti un progetto finalizzato all'esecuzione dei canti della guerra e di sicuro inseriremo questo. La nostra ricerca continuerà, ma se dovesse venirle in mente qualche ricordo non esiti a contattarmi.La ringrazio per la sua disponibilità. Ninfa De Masi
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