martedì 4 dicembre 2012
Primo Sinodo della Chiesa di Caltanissetta
L’ing. Stefano Diprima è un laico, cristiano adulto,
con la passione della ricerca, con la disponibilità a partecipare e a
collaborare sia nella società che nella Chiesa, attraverso la maturità della
sua fede che gli fa sentire forte l’urgenza dell’impegno nella storia, sia sul
piano educativo sia sul piano politico, sia sul piano culturale ed ecclesiale.
Il volume che ha creato “Chiesa nissena in cammino.
Accompagnando il primo Sinodo della Chiesa nissena”, è la testimonianza d’una
fede creativa, d’un impegno ecclesiale puntuale, serio, rigoroso.
Come
membro eletto del Sinodo ha accompagnato questo evento della Chiesa nissena dal
di dentro, partecipando con i suoi interventi, con le sue competenze, con le
sue esperienze.
Ha partecipato ai dibattiti, ai lavori delle
commissioni, ha fatto parte del gruppo di appoggio per l’inchiesta
socio-religiosa affidata al Prof. Roberto Cipriani dell’Università “La Sapienza ” di Roma, della
commissione emergenze sociali.
La sua vita in Azione Cattolica da socio e da
Presidente, la sua partecipazione alla commissione pastorale regionale e al
Consiglio pastorale diocesano, lo hanno reso attento e competente nel cammino
sinodale nisseno.
Straordinario
è stato l’apporto dell’Ing. Stefano Diprima sul piano della documentazione e della
comunicazione intraecclesiale e con il mondo esterno.
Il libro è frutto d’un lavoro sapiente, certosino,
di raccolta di notizie, informazioni, dibattiti, interventi, documenti, che
gradualmente sono stati prodotti durante i lavori sinodali.
Una documentazione oggettiva e rispettosa della
verità e, contemporaneamente, una paziente e puntuale comunicazione all’interno
della comunità diocesana e con il territorio mediante il prestigioso giornale
“La voce di Campofranco”.
Ha seguito il Sinodo anche attraverso
l’approfondimento di particolari tematiche come la pastorale giovanile, verso
quale società, una pastorale per vincere la mafia, parrocchia e territorio, i
cattolici praticanti, adeguamento di impianti tecnologici.
Puntuali sono i resoconti dei lavori assembleari,
vivaci le interviste ai vari responsabili del Sinodo.
In tutto questo c’è passione di Chiesa, voglia di
rinnovamento, spinta al cambiamento, amore alla verità, volontà di tradurre in
prassi pastorale le indicazioni conciliari.
Un lavoro prezioso ma non capito, anzi, criticato da
chi è ancorato a sistemi clericali, ad incapacità di confronto, a difficoltà
nel dialogo.
Il
libro risulta un prezioso strumento per recuperare la memoria del primo Sinodo
diocesano nisseno, esperienza, seppure problematica, di coralità ecclesiale, di
corresponsabilità dei vari stati di vita, di partecipazione creativa di tutti i
ministeri.
Uno
strumento per far risorgere un evento carico di speranza e di futuro,
consapevoli che non c’è identità senza memoria.
Don Vincenzo Sorce
(2012)
mercoledì 18 luglio 2012
"Legalità e santità"
L'importanza di fare bene il proprio dovere vale per tutti. E' quello che in una prospettiva religiosa, non certo della religiosità distorta delle mafie, il vescovo siciliano Cataldo Naro definiva "la santità vissuta". E spiegava proprio con riferimento alle terre di mafia: "Il cristiano agisce nella storia col dono della carità, allora abitando in un territorio come questo, il cristiano non può non vivere con questo intento: essere santo ogni giorno. E questo vale per tutti: per il carabiniere, per il politico, per il professore, per il bidello, per la guardia municipale..." In una prospettiva laica lo stesso vale per la scuola, i partiti, il sindacato, le professioni, il giornalismo.
domenica 27 maggio 2012
Il capriolo ed i corvi.
Si diceva che sulle montagne vicine e nei boschi limitrofi al campo dove i bambini giocavano con il capriolo, vi fossero anche dei lupi. Ma nessuno li aveva mai visti e, comunque, non disturbavano il capriolo.
La presenza di quanti venivano ad incontrare il capriolo cominciò ad essere molto utile al paesetto e aumentò il benessere dei negozi, dei bar, dei ristoranti. Tutti erano lieti e contenti.
Il sindaco per fare l’interesse del paese mise delle guardie armate nei pressi di via Vat, dalla quale arrivava sempre il capriolo. Le guardie avevano il compito di proteggere il paese ed il capriolo dai lupi.
Un giorno il capriolo non venne. I bambini aspettarono invano. Alcuni addirittura cominciarono a piangere.
I genitori si mobilitarono ed iniziarono una ricerca nelle valli circostanti. Uno di essi vide dei corvi che mangiavano attorno a qualche cosa che non si vedeva bene cosa fosse. Si avvicinarono e videro che erano attorno alla pelle del capriolo che loro ben conoscevano.
Andarono a parlare con il capo delle guardie, ma non ebbero alcuna risposta.
Un bambino, figlio di una delle guardie, raccontò di avere mangiato della carne di capriolo ucciso dal padre. La notizia si sparse e così si capì che il capriolo era stato ucciso proprio da chi doveva proteggerlo.
Il sindaco ed il capo delle guardie iniziarono ad indagare e si appostarono, non visti, su un colle vicino alla via Vat. Poterono così vedere che alcune guardie sparavano ai corvi a causa dei quali era stato scoperto che essi uccidevano i caprioli.
Venne così a crearsi una situazione che ancora non è stata risolta:
- i bambini non andarono più a giocare in quel campo;
- i forestieri non vennero più nel paesetto ed in conseguenza si ridussero gli affari dei bar, dei ristoranti e
dei negozi;
- il capo delle guardie fu costretto a dimettersi perché non solo non era riuscito a controllare il loro lavoro ma non aveva impedito che le guardie uccidessero il corvi;
- anche il sindaco si dimise perché non riuscì a licenziare le guardie infedeli in quanto esse erano state assunte con un contratto che non vietava espressamente l’uccisione dei caprioli e dei corvi;
- anche molti cittadini di quel paesetto delle Alpi si trasferirono altrove e forse tra poco tempo il paesetto perderà l’autonomia amministrativa.
Stefano Diprima
27 maggio 2012
27 maggio 2012
martedì 17 aprile 2012
Associazione Fabbricerie Italiane
Volume edito nel marzo 2012 dall'Associazione Fabbricerie d'Italia. |
NUOVA LUCE
SUI MOSAICI DI MONREALE
SUI MOSAICI DI MONREALE
È la prima pubblicazione che, nello scorso marzo 2012, ha curato l’Associazione Fabbricerie Italiane costituita nel giugno del 2005 per dare a tutte le fabbricerie d’Italia (dal Duomo di Milano alla Procuratoria di San Marco a Venezia, dal Duomo di Siena a quello di Monreale, dall’Opera di Santa Maria del Fiore a Firenze alla Cattedrale di Parma ed a tutte le altre) un unico punto di riferimento in campo gestionale (schemi di contratti per i dipendenti, restauri, ecc.).
Su invito dell’Associazione, l’arcivescovo di Monreale Mons. Salvatore Di Cristina è stato invitato a scrivere la prefazione alla pubblicazione che qui di seguito viene trascritta.
PREFAZIONE
È stato più volte osservato, anche da voci autorevoli, che i mosaici del Duomo di Monreale, considerato proprio grazie ad essi monumento unico al mondo, furono pensati e di fatto sono stati vissuti lungo gli otto secoli della loro esistenza, nella diffusa consapevolezza che essi dovessero brillare, per così dire, di luce propria. Più esattamente, consentendo che a renderli visibili agli occhi dei fedeli fosse soltanto la luce naturale proveniente dalle finestre del sacro edificio e quella artificiale dei suoi lampadari pensili.
Solo dopo decenni dall’avvento dell’illuminazione elettrica, con il mutare sia del numero che della qualità dei loro fruitori – non più i soli fedeli monrealesi e pochi eccezionali visitatori ben selezionati e spesso illustri, ma bensì un pubblico sempre più largamente in crescita numerica e sempre meno selezionato, fino a quello attuale prodotto dal così detto turismo di massa, questa particolarissima modalità di fruizione dei mosaici del Duomo di Monreale è andata affievolendosi fino alla dimenticanza.
Al suo posto si è fatta sempre più strada, di anno in anno più insistente, la richiesta (perfino la pretesa) che fosse indispensabile metterli meglio in evidenza, i mosaici, anche indirizzando su di essi direttamente fasci più o meno consistenti della nuova luce artificiale. Ed è così che, a partire da un certo anno ormai remoto e fino all’inizio della messa in opera del nuovo impianto, la visita dei visitatori – in gruppi sempre più folti e sempre più frettolosi – ha potuto essere gratificata dalla felice opportunità di catturare i mosaici e di ammirarne quanto più possibile, tra un’accensione e l’altra di potenti proiettori elettrici, almeno la visione d’insieme.
Il nuovo impianto d’illuminazione, inaugurato la sera del 23 giugno 2011, ha messo fine a questa modalità per troppi versi impropria (e tecnicamente improvvida) di fruizione. Preceduto da un attento studio, condotto sulle caratteristiche di luminosità naturale del luogo e sulle possibilità offerte dalle più aggiornate tecniche di illuminazione – uno studio effettuato in due anni dagli ingegneri Stefano Diprima, Elia Musca e Luigi Pirino, con la consulenza tecnica del prof. Vincenzo Cataliotti dell’Università di Palermo -, si è potuto pervenire alla messa in opera di un impianto di illuminazione dei mosaici del Duomo di Monreale che ha quasi del miracoloso. Le caratteristiche dei corpi luminosi impiegati, tutte assolutamente rispettose delle norme a salvaguardia sia dell’incolumità delle persone che dei manufatti artistici, e la loro sapiente distribuzione e collocazione, hanno fatto sì che la luce diffusa sull’intero estesissimo parato musivo, oltre a non offendere più la delicatezza cromatica dei mosaici e la vista dei visitatori più esigenti, restituisse ai mosaici la loro antica suggestione creativa, tornando cioè a trasmettere l’impressione estatica che siano essi stessi ad emanare luce.
Questo miracolo di ingegno e tecnica ha avuto bisogno di tempi e costi tutto sommato contenuti. La relativa brevità dei tempi necessari per la messa in opera dell’impianto da parte della locale Ditta Armetta, avviata subito dopo il nullaosta della Soprintendenza ai Beni Culturali ed Ambientali, si evince dai poco meno dei cinque mesi di fatto occorsi. La contenutezza, ancora più notevole, del costo dell’operazione rimasto a carico della Fabbriceria del Duomo e della Conferenza Episcopale Italiana, è detta dal suo ammontare a soli centoventimila euro.
Quest’ultimo dato in particolare si spiega con la sorta di gara della generosità che il Duomo stesso, da autentico patrimonio dell’umanità, ha saputo suscitare tra persone ed enti che qui è nuovamente doveroso ricordare.
Si ringraziano in questo senso i Tecnici sopra nominati, che hanno offerto gratuitamente la loro prestazione professionale; la Royal Philips Electronics, che ha fornito, anch’essa gratuitamente, i corpi illuminanti (oltre 200 unità) destinati all’illuminazione dei mosaici, dei soffitti e dell’aula liturgica; la Sonepar Italia, che ha contribuito con ventimila euro per l’acquisto di altro materiale elettrico.
Ma naturalmente, al di sopra di ogni benemerenza umana, da riconoscere giustamente e degnamente; al di sopra dell’effetto stesso, per quanto altamente lodevole, della gara prima segnalata tra persone ricche di ingegno e di generosità, ossia al di sopra ma anche nell’occasione felice del dono di questo nuovo impianto di illuminazione, la nostra gratitudine e lode di credenti va a Colui che alla luce stessa ha dato esistenza all’origine del cosmo. A Colui, anzi, che, proprio dalla maestosa icona del Pantocratore della monrealese basilica d’oro, continua ad annunziare al mondo e ai secoli:
«Io sono la luce del mondo: chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita» (Vangelo di Giovanni 8,12).
_ Mons. Salvatore Di Cristina
Arcivescovo di Monreale
lunedì 16 aprile 2012
La Grutta a Sutera
La Grutta è un monolocale realizzato nel quartiere Rabato del comune di Sutera. Posto nel baricentro della Sicilia, Sutera è uno dei più antichi paesi siciliani e sorge ai piedi del monte San Paolino alto circa 200 metri. Il quartiere Rabato è il più antico, è esposto ad Est ed è costuito da piccole case (vedi fig.1) realizzate su grossi massi di pietre di gesso staccatesi, nei mellenni passati, dal monte che li sovrasta.
La Grutta è stata ricavata tra tali massi e le sue pareti sono in gran parte costituite da cristalli di gesso chiaramente visibili nelle foto che seguono. Tra i massi vi sono caverne che si addentrano nella montagna per molte decine di metri e da cui esce aria la cui temperatura è la media stagionale (nel nostro caso 11,5 C°). La Grutta è collegata a tali caverne ed in conseguenza la sua temperatura esterna (anche con gli infissi esterni aperti) non supera mai i 21° gradi. Alle ore 16,30 di ogni giorno tutto il Rabato viene investito dall'ombra della montagna ed è consuetudine che gruppi di persone siedano fuori dalle case a chiacchierare. Per le vie del Rabato non circolano macchine ed il silenzio è assoluto sia di giorno che di notte. Le costruzioni e le ristrutturazioni sono sottoposte a rigidi vincoli dalla Soprintendenza ai BB. CC.
Gli altri due quartieri di Sutera sono:
- il Rabatello, esposto a Sud, dove si trova la chiesa del Carmine che custodisce la statua della Madonna del Soccorso che il suterese Francesco Salamone (uno dei tredici della disfida di Barletta) fece realizzare in segno di gratitudine per avere vinto nella disfida;
- il Giardinello, esposto ad Ovest, è il quartiere più grande e recente in cui sono ubicati tutti gli uffici, le scuole, il municipio e la chiesa di Sant'Agata.
La Grutta è stata ricavata tra tali massi e le sue pareti sono in gran parte costituite da cristalli di gesso chiaramente visibili nelle foto che seguono. Tra i massi vi sono caverne che si addentrano nella montagna per molte decine di metri e da cui esce aria la cui temperatura è la media stagionale (nel nostro caso 11,5 C°). La Grutta è collegata a tali caverne ed in conseguenza la sua temperatura esterna (anche con gli infissi esterni aperti) non supera mai i 21° gradi. Alle ore 16,30 di ogni giorno tutto il Rabato viene investito dall'ombra della montagna ed è consuetudine che gruppi di persone siedano fuori dalle case a chiacchierare. Per le vie del Rabato non circolano macchine ed il silenzio è assoluto sia di giorno che di notte. Le costruzioni e le ristrutturazioni sono sottoposte a rigidi vincoli dalla Soprintendenza ai BB. CC.
Gli altri due quartieri di Sutera sono:
- il Rabatello, esposto a Sud, dove si trova la chiesa del Carmine che custodisce la statua della Madonna del Soccorso che il suterese Francesco Salamone (uno dei tredici della disfida di Barletta) fece realizzare in segno di gratitudine per avere vinto nella disfida;
- il Giardinello, esposto ad Ovest, è il quartiere più grande e recente in cui sono ubicati tutti gli uffici, le scuole, il municipio e la chiesa di Sant'Agata.
Fig. 1 - Il quartiere Rabato. Il segnale rosso indica il sito di La Grutta in via Monteserrato. Sullo sfondo si vede la Chiesa Madre ed il suo campanile. |
Fig. 2 - Il prospetto di La Grutta con l'insegna posta tra la porta d'ingresso e la finestra. Sulla sinistra è la panchina su cui ci si siede per chiacchierare con i vicini. |
Fig.3 - Una vista de La Grutta che mostra anche la montagna S. Paolino che la sovrasta. |
Fig. 4 - L'ingresso e la finestra di La Grutta di notte |
Fig. 5 - L'indicazione scolpita in legno posta accanto alla porta. |
Fig. 6 - La parete interna, a destra entrando, di notte. |
Fig. 7 - La stessa parete di fig. 6 di giorno. |
Fig. 19 Particolare della parete a destra entrando. |
Fig. 8 - L'angolo cottura, a sinistra, e l'ingresso ai servizi igienici. |
Fig. 9 - La parete esterna con porta d'ingresso e finestra esterne. |
Fig. 10 - L'interno dei servizi igienici. |
Fig. 16 Parte alta dell'angolo cottura. |
Fig. 11 - L'angolo cottura con "lu lemmu" che funge da lavello, i fornelli elettrici e, sotto, il frigorifero. |
Fig. 21 - Parete a sinistra entrando. Divanoletto. |
Fig. 15 - Capezzale (la Madonnina di Lourdes) incassato nella roccia, posto nella parete sul divanoletto. |
Fig. 12 - L'interno del locale servizi igienici. Sulla destra il box per la doccia. |
Fig. 13 - La parte alta dell'angolo cottura. |
Fig. 14 - L'interno dei servizi igienici con il foro per l'aspirazione dell'aria e lo scaldabagno. |
lunedì 16 gennaio 2012
Stefano Diprima: "NELLA CHIESA E NELLA SOCIETA'"
PRESENTAZIONE
Questo volume raccoglie prevalentemente alcuni degli articoli e saggi che l’autore è venuto pubblicando negli ultimi anni in due periodici, a carattere locale ma a larga diffusione anche extraprovinciale, in cui egli è stato importante parte attiva come redattore e, per uno dei due, esclusivo curatore: «Argomenti» e «Chiesa nissena in cammino» (inserto de «La Voce di Campofranco»).
La raccolta permette (innanzitutto all’autore) di tentare una sorta di bilancio, seppur parziale, di un impegno di presenza attiva ed anche di attenta riflessione nella comunità locale – comunale e provinciale – che si prolunga ormai da anni e che più recentemente ha trovato un modo significativo di esprimersi, per l’appunto, nella pubblicazione di vari scritti nei due citati periodici: brevi interventi di puntualizzazione su una particolare questione, distese esposizioni di propri punti di vista, puntuali ricostruzioni di vicende vissute in prima persona o comunque seguite molto da vicino, ricerche personalmente condotte con il ricorso a strumenti d’indagine di tipo economico e sociologico.
Sono scritti nati dall’esigenza di conoscere con maggiore puntualità, al di là delle facili generalizzazioni e degli slogan correnti, la realtà umana – sociale, religiosa, culturale, economica – in cui l’autore vive e dal desiderio, nello stesso tempo, di comunicare con chi vive e sperimenta la stessa realtà. Il loro intento è, insomma, sempre quello di stabilire un rapporto, di esporre una propria visione delle cose in funzione di un dialogo e di un confronto che siano fecondi di un attivo protagonismo collettivo nella comunità locale. Dunque, non il perseguimento di una conoscenza astratta o anche solo distaccata ma, al contrario, una volontà umile e tenace di comprendere per partecipare, di intendere per rendersi parte consapevole e attiva.
I temi trattati sono riconducibili a due distinti filoni: l’esperienza nella comunità ecclesiale – parrocchiale e diocesano – e l’interesse per lo sviluppo – culturale ed economico – della società civile nella sua dimensione locale, cittadina e provinciale.
Sono ambiti oggettivamente distinti – cui corrispondono modalità diverse di presenza e di partecipazione – e tuttavia intrecciati nella concreta soggettività dell’autore che trae dalla fede cristiana e dall’appartenenza ecclesiale i motivi ispiratori del suo impegno civile.
La riproposta di questi scritti in un volume risponde allo stesso intento che ha guidato la loro prima pubblicazione: «esporsi» in un libero confronto su temi ricadenti nell’interesse diretto e nella conoscenza specifica di larga parte delle persone che vivono la sua stessa esperienza nel medesimo ambito territoriale e che, in tal modo, sono sollecitate alla riflessione e al dialogo.
L’operazione non è priva di rischio. Potrebbe non trovare gli interlocutori che cerca, nel numero e nella disponibilità (a leggere e confrontarsi) auspicabili. Credo, però, che sia valsa la pena di correre il rischio. L’autore – per come mi è dato di conoscerlo – è uomo che ama correre simili rischi. E, comunque, ritengo che si tratti di rischio relativo, perché gli scritti qui raccolti hanno avuto già, al tempo della loro prima pubblicazione, interessati lettori che troveranno comodo ora poterli scorrere in un unico volume.
Per tanti di questi lettori – tra i quali mi pongo anch’io – il volume di Stefano Diprima costituisce, però, prima che un’utile raccolta di testi dispersi nei numeri dei due periodici prima ricordati, un dono prezioso, perché segno di quell’impegno di presenza e di servizio nella società locale di cui gli scritti sono solo una parte pur significativa. In questo senso il libro richiama e, nello stesso tempo, rappresenta, pur parzialmente, una testimonianza di vita di cui intendo qui dichiararmi personalmente grato all’autore.
Cataldo Naro
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